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MEGALITICO 5tet

Gavino Murgia - Megalitico 5tet (2009, CD) | Discogs

di Paolo Fresu
Conosco Gavino Murgia da troppo tempo per poterne parlare con distacco. Da quando, nel lontano 1989, si presentò giovanissimo e inesperto alla prima edizione dei Seminari Jazz di Nuoro che annunciavano, grazie all’energia di Antonietta Chironi, una nuova e fertile stagione dedicata alla didattica del jazz in Sardegna. Da allora ne ha fatta di strada. Incessante, coerente e con quella volontà e testardaggine che è tipica dei sardi e dei nuoresi.
Attenzione però. Il nostro è nuorese di Santu Predu, l’antico quartiere dei pastori e dei contadini, ed è di questa comunità che incarna, nella propria cifra stilistica, quell’attaccamento ai valori e alle tradizioni che però tende le mani verso una ricerca musicale contemporanea che è di ora. È questa la ragione per la quale Gavino ‘Bainzu” Murgia sta raccogliendo grandi consensi e che lo rende cosi originale rispetto a molti altri musicisti.
Innanzitutto la paziente ricerca a ritroso nel repertorio e nello strumentario della tradizione. L’utilizzo delle launeddas, delle benas e del sulittu (oltre al flauto e ai sassofoni tenore e soprano) lo pongono in un mondo polistrumentale che si avvicina a quello di grandi del passato come Ornette Coleman, Roland Kirk o Don Cherry. E se la sua poetica deve ai suoni della scuola del su bighinadu di Santu Predu è l’utilizzo della voce a balzarlo repentinamente nella sfera degli artisti più originali dell’ultimo decennio. La profondità e la ricchezza di armoniche viene direttamente dalla tradizione dei gruppi a tenores che Gavino conosce bene e dalla quale si è nutrito ma egli sa che ciò non basta a giustificare un percorso di ricerca e di scavo alla ricerca delle proprie radici. Il timbro gutturale del su bassu, estraniato dal complesso sistema polifonico delle quattro voci maschili, assume un significato altro e assurge a suono puro lontano da qualsiasi geografia.
Il sound ritmato della sua voce sa di mondo prima che di Sardegna e rimanda immediatamente alla fisicità dei suoni della Mongolia o a quelli mistici dell’India ponendo cosi l’Isola quale luogo/crocevia dei linguaggi.
Per certi versi ‘Bainzu” non ha inventato niente ma è qui che sta la sua originalità. Nella sua capacità di perseguire percorsi logici e coerenti che sono il frutto di un lavoro costante giorno dopo giorno. Finalmente senza intellettualismi di sorta ma con una visione matura della propria cultura in divenire che è volutamente scevra da istanze complicate e da ragionamenti filosofici. Musica masticata. Pensata con la pancia prima che con la testa. Danzata con i piedi ed accolta nelle risonanze del corpo. Questo si coglie nel sua lavoro: una tensione forte tra razionale e irrazionale dove la raffinatezza della ricerca contemporanea si sposa con gli archetipi della tradizione. Gutturalità e polifonia che si rapportano con l’ancestrale e arcaico sistema societario che la Sardegna ha conosciuto da sempre e che (fortunatamente) continua a essere (principalmente nei piccoli centri a vocazione agro-pastorale) il motore della vita comunitaria.
Bainzu sa che la musica non può essere slegata da tale sistema e dunque ne fa l’oggetto della scoperta e della comunicazione. Poco importa che ciò accada con la voce o con gli strumenti e che accada con i suoni meticciati o puri e questo è forse il vero concetto di contemporaneità che ha ben compreso ed assimilato nel suo percorso di graduale apprendimento dei linguaggi.
Oggi, con la complicità del suo Megalitico 5tet, costruisce abilmente la sua ultima opera discografica edita per la piccola etichetta indipendente Mankosa e il cd racconta bene il suo percorso mirabilmente accompagnato da un ensemble sardo-italo-francese che coinvolge, oltre al leader, la fisarmonica di Luciano Biondini, il vibrafono di Franck Tortiller, la tuba e il serpentone (un antico strumento del XVI secolo) di Michel Godard e la batteria di Pietro Iodice.
‘Megalitico” sa dal primo ascolto di magma che ribolle inquieto e di trame dilatate e tese tra il tempo e il suono grazie ai temi talvolta serrati e talvolta aerei e marcatamente mediterranei. Potrebbe essere un telaio di Maria Lai o una Dea madre di Antine Nivola questa opera discografica ricca di suggerimenti e di colori ora vivaci (Surreal Building, Adarre, Scomposition e Blue Tuba) ora tenui (Pane Pintau, Old Memory, Luna Antica) con diversi momenti di solo a incastonare gemme preziose tra i dieci brani composti e arrangiati da Gavino Murgia.
Anche l’impasto timbrico è inusuale. Non solo per la presenza del vibrafono (sempre meno suonato in questi tempi) ma per la scelta della tuba al posto del contrabbasso che dona alla musica – anche nei brani apparentemente più tradizionali come Pane Pintau – una sonorità che spiazza al primo ascolto e che successivamente incuriosisce o in taluni casi sconvolge. Ascoltate il solo vocale dal titolo ‘Arkètipo 1″: inutile sottolineare quanto questo racconti in soli tre minuti quel mondo di cui abbiamo parlato poc’anzi.
Ma al di la del progetto e della bravura dei singoli ciò che colpisce in Megalitico è quella capacità di creare un racconto policromo non solo con l’impasto dei singoli strumenti e delle personalità dei musicisti ma soprattutto con un interplay che sempre più sembra mancare nei progetti odierni. Quell’archetipo di cui abbiamo parlato è sempre nei pensieri di Gavino ‘Bainzu” Murgia. Sottilmente in bilico tra comunicazione, energia, creatività, genti e ritmi Megalitico ci riporta ai suoni antichi di quartiere attraversando tutta la storia recente.