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GROTTE DI PERTOSA

PERTOSA (Caves-2).JPG
Di Локомотив – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7444734

Le grotte di Pertosa-Auletta sono un complesso di cavità carsiche di rilevanza turistica, situate nel comune di Pertosa. Il complesso carsico si sviluppa nel sottosuolo dei vicini comuni di Auletta e Polla, a 263 m s.l.m., lungo la riva sinistra del fiume Tanagro.

Molto estese tanto che ne risulta difficile una completa mappatura, la sequenza di cavità delle grotte scavano la parte settentrionale della catena dei monti Alburni e si suppone che la loro genesi ed evoluzione siano addebitabili a fenomeni tettonici ed all’oscillazione del livello di base della falda idrica (il calcare per crescere di un solo centimetro impiega ben 100 anni).

Circa l’origine delle acque, nel 1938 il De Paola ipotizzò[senza fonte] che provenissero da un condotto sotterraneo collegato al Tanagro. Oggi è opinione largamente condivisa che le acque che fuoriescono dalle grotte di Pertosa-Auletta siano da collegare con uno o più punti di emergenza della falda freatica presente nel massiccio degli Alburni. Il fiume, chiamato Negro, dà a queste grotte una caratteristica particolare: esse sono infatti tra le poche grotte non marine attraversate da un corso d’acqua navigabile in barca[1].

Le sorgenti pompano circa 600-700 litri di acqua al secondo.

Come evidenziato per primo da Paolo Carucci nella sua monografia “La grotta preistorica di Pertosa” (Napoli, 1907), esse risultano interessantissime anche dal punto della paletnologia. I reperti recuperati nel suo atrio dal Carucci che per primo le esplorò con finalità scientifiche tra il 1896 ed il 1898 provano, infatti, che la cavità fu abitata intorno al bronzo-medio. Per il numero di vasi e vasetti che utilizzati come bolli-latte e utensili tipici di quell’epoca si suppone, inoltre, che gli abitanti fossero per lo più pastori. Essi vivevano su palafitte. Questi reperti si trovano oggi nel Museo preistorico etnografico di Roma, nel Museo archeologico nazionale di Napoli e nel Museo provinciale di Salerno.