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GARGANO

Stage di Tarantelle del Gargano con Folkanima | BellezzaFolk

Il Gargano è una terra antica rimasta a lungo isolata a causa delle asperità del territorio e delle difficoltà d’accesso alle vie di comunicazione.
Se ciò da un lato ha rappresentato un ostacolo allo sviluppo, dall’altro ha consentito di salvaguardare, come nel caso di pochissimi altri territori in Italia, un patrimonio culturale e tradizionale assolutamente unico e prezioso, tanto per la sua originalità quanto per la complessità e monolitica impermeabilità ai richiami del “progresso”.
Vera e propria ”isola”, più che promontorio, il Gargano concede, a chi ha interesse ad accostarvisi ed “esplorarlo”, un mondo di cultura, sacralità e tradizioni popolari ricco, variegato, ancestrale, ma “celato” del tutto o quasi all’occhio distratto del visitatore che non si allontana dalle sue coste celebratissime prendendo la via più impervia dei paesi dell’interno.
Questo microcosmo culturale: la musica tradizionale garganica, in buona parte, ma non del tutto, è rappresentata dalla “Tarantella”.

La Tarantella del Gargano è una canzone d’amore tradizionale, con testo in dialetto, raccolta il 10 dicembre 1966 a Carpìno, paese del promontorio del Gargano, in provincia di Foggia, dagli etnomusicologi Diego Carpitella e Roberto Leydi, nel quadro delle ricerche iniziate nel 1954 da Alan Lomax e dallo stesso Carpitella.
La canzone è un sonetto (sunèttë) nella forma di tarantella lenta, nella tonalità minore, detta “alla mundanarë“, ossia alla montanara. La versione originale, nota come “Accomë j’èja fa’ p’amà ‘sta donnë” (come devo fare per amare questa donna), era eseguita come serenata dai vecchi cantori, che la portavano per le strade e alle finestre del paese con voce, chitarra battente, chitarra “francese” (la chitarra comune) e tamburello.

N 1: si diceva ‘alla mundanara’ non perche’ di Monte San’Angelo, ma siccome i suonatori non conoscevano il lessico musicale la chiamavano cosi’. La stessa forma di tarantella minore con lo stesso giro armonico a San Giovanni Rotondo la chiamavano ‘alla cannellesa’ (Candela).

Nota 2: era rarissimo che suonassero il tamburello durante la serenata, prima di tutto perche’ era uno strumento esclusivamente femminile, e secondo era difficile che ballassero la tarantella finale. Qualcuno mi ha raccontato dell’uso del tamburello ma in periodi molto recenti.

Nel mio libro “I cantori e i musici di Carpino” spiego bene sia le forme musicali che l’uso degli strumenti nelle varie occasioni. (Salvatore Villani)