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CASTELLO MONFORTE

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Il castello Monforte è monumento nazionale e simbolo della città di Campobasso. Prende il nome dal conte Nicola II Monforte, dei Monforte-Gambatesa, che lo restaurò nel 1458 in seguito al terremoto del 1456.

Un’antica pergamena risalente al 1375 conferma l’esistenza di un castello nella città già in tale data, ed è la testimonianza più antica al riguardo. Domina la città a circa 790 m s.l.m., quasi cento in più dell’altezza media del comune. Una preesistente fortificazione sul detto monte, è da attribuire all’epoca sannitica (IV-II sec. a.C.), poiché sono state rilevate tracce di mura ciclopiche. Nell’epoca longobarda venne eretta la residenza del barone che comandava dall’alto la cittadella di Campobasso.

Dopo il disastroso terremoto del Sannio del 1456, la cittadella di Campobasso era ridotta in macerie, compresa l’antica torre di guardia sopra il colle, sicché il feudatario Nicola II Monforte (o Cola) si occupò personalmente della ricostruzione integrale del castello, e della cittadella. Si pensa che lasciò in piedi le antiche chiese di San Giorgio e San Bartolomeo, spostando la cittadella più a valle, cingendola in un nuovo apparto murario difensivo, intervallato da torri e porte di accesso, ancora oggi visibili.

L’ingresso originario del castello era rivolto a sud, verso la città sottostante, non come lo è oggi, era diviso dal suolo, e accessibile mediante ponte levatoio; con la caduta e la messa al bando di Nicola II nel XV secolo, il castello passò al conte Riccardo di Gambatesa, che modificò l’ingresso, ponendolo davanti alla chiesetta di Santa Maria Maggiore. Più che stabile dimora del feudatario e della corte, il castello fu costruito per scopi militari, con il collegamento delle mura di circonvallazione, andate poi perdute e demolite, soprattutto nella parte che cingeva il castello e la chiesa. Il castello fu progressivamente abbandonato nel XVIII secolo, divenne sede delle carceri, venne più volte assaltato dai briganti, e nell’epoca murattiana, poi borbonica, divenne sede della guardia civica, che si occupava del mantenimento dell’ordine, conservando le prigioni.

Nei primi anni del Novecento un primo studio sul castello fu pubblicato da Benedetto Croce. Il suo recupero avvenne negli anni 1936-1937 ad opera del podestà Renato Pistilli Sipio il quale, in due ambienti, vi allocò il sacrario dei caduti in guerra. Scampato ai combattimenti tra nazisti e canadesi, i nazisti vi avevano posto un presidio di guardia antiaereo, il maniero rimase semi-abbandonato.

L’area circostante è occupata dal parco della Via Matris, un percorso naturalistico che snodandosi lungo il pendio della collina ripercorre le tappe della Via Crucis.

Il castello è inciso su una moneta d’argento da cinque euro coniata dalla Zecca dello Stato nel 2012 per la serie “Italia delle Arti” dedicata alla città di Campobasso[1].