La cattedrale di San Pietro Apostolo è l’edificio di culto cattolico più importante della città di Isernia, chiesa madre della diocesi di Isernia-Venafro e sede dell’omonima parrocchia. Si trova in piazza Andrea d’Isernia, nel centro storico della città e sorge su un antico tempio pagano italico del III secolo a.C.; il suo aspetto odierno è il risultato di numerosi interventi, effettuati sia dopo i numerosi terremoti, sia in seguito a progetti di rinnovamento dell’edificio.
Isernia venne fondata come colonia latina nel 264 a.C., come avamposto nel Sannio. La colonia aveva caratteristiche simili alle altre colonie italiche dell’epoca riscontrabili dalla Toscana (come Cosa) alla Campania (come Paestum). All’epoca l’elemento unificatore della cultura centro e sud italica era già la città di Roma, attraverso una capillare opera di colonizzazione.
Anche il tempio era strettamente affine ai templi dell’epoca ed anche se non era il più grande della città, se ne hanno i maggiori resti grazie alla preservazione dell’intero podio al di sotto dell’attuale cattedrale. Ulteriori scavi recenti hanno appurato le forme del tempio.
Il podio in travertino che sporge da un lato è caratterizzato da un massiccio basamento, sopra il quale sono poste due sagome rigonfie a “cuscino”, sovrapposte simmetricamente (dritta e rovescia) e sormontate dal plinto.
La dedica era a Giove, Giunone e Minerva.
Per la costruzione dell’edificio alcuni materiali dell’antico tempio sono stati riciclati: ciò ha chiaramente reso più difficoltoso la ricostruzione delle fattezze dell’antico stabile, ed è lecito supporre che questo sia stato a lungo abbandonato ed utilizzato unicamente come cava cui attingere materiale per l’edilizia.
La pianta dell’edificio prevedeva tre celle, una per l’adorazione di ciascuna delle divinità componenti la triade: l’ingresso era sull’attuale vico Giobbe, e probabilmente la toponomastica conserva questo nome come modificazione del pagano Giove.
In epoca altomedievale, sul sito del tempio venne costruita una cattedrale di stile greco-bizantino, che conservava la disposizione del precedente edificio: a sud era situato l’ingresso, a nord l’abside, in corrispondenza delle antiche celle dedicate agli dei pagani.
Una serie di disastri naturali, tra cui numerosi terremoti, danneggiarono strutturalmente l’edificio, che vide susseguirsi una serie di restauri e ricostruzioni, la prima delle quali nell’846: nel 1349 fu ricostruita totalmente in seguito al crollo per uno smottamento sismico, ma l’aspetto mutò radicalmente. L’ingresso fu infatti spostato a nord in prossimità della piazza del mercato, per catalizzare l’attività cittadina in un unico punto. L’interno della chiesa era costituito da tre navate arricchite da decorazioni.
Nel 1456 un ulteriore terremoto danneggiò l’edificio, che venne sempre restaurato senza sostanziali modifiche rispetto al precedente. Nel XVII secolo furono costruite le due cappelle ai lati dell’abside e nel 1769 fu realizzata la cupola per volere del vescovo Michelangelo Della Peruta. Il 30 agosto 1638, essendosi perduta la memoria della consacrazione della cattedrale a causa delle numerose ricostruzioni, il vescovo Domenico Giordani, O.F.M. procedette a compiere il rito.
Nel 1805, un disastroso terremoto lesionò gravemente le antiche strutture dell’edificio, che venne poi ricostruito nella stessa sede, ma di dimensioni maggiori. I lavori si svolsero tra il 1826 e il 1834, sotto l’episcopato di Adeodato Gomez Cardosa, per venire poi completati dal vescovo Gennaro Saladino dal 1837 al 1851, che fece provvedere alla costruzione del pronao.
Il tempio venne danneggiato dai bombardamenti aerei del settembre 1943 e restaurato per volere del vescovo Achille Palmerini fra il 1963 e il 1968. In seguito sono stati realizzati degli scavi archeologici all’interno della cattedrale che hanno messo in evidenza le antiche strutture del tempio, visibili attraverso il pavimento in vetro realizzato al posto di quello del 1903, voluto dall’allora vescovo di Isernia e Venafro Nicola Maria Merola.