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FURORE

Furore – Veduta
Di Jensens – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4568954

Dal 1997, come tutta la Costa d’Amalfi, è entrato a far parte del Patrimonio Mondiale UNESCO. Fa parte, inoltre, del Club dei borghi più belli d’Italia e, nel 2007, è stata premiata dal Progetto EDEN, come Destinazione rurale emergente.

Nonostante il nome con il quale è comunemente conosciuto, si tratta in realtà di una ría, cioè un ristretto specchio d’acqua posto allo sbocco di un vallone a strapiombo, creato dal lavoro incessante del torrente Schiato che da Agerola corre lungo la montagna fino a tuffarsi in mare.
Il luogo accoglie un minuscolo borgo marinaro che fu abitato, tra gli altri, da Roberto Rossellini (che vi girò il film L’amore) e da Anna Magnani, che era allora sentimentalmente legata al regista e che fu l’interprete di un episodio di quello stesso film. Un piccolo museo a essi dedicato è ospitato in una delle casette.

Il fiordo è inoltre scavalcato dalla strada statale mediante un ponte sospeso alto 30 m, dal quale, ogni estate, si svolge una tappa del Campionato Mondiale di Tuffi dalle Grandi Altezze[3]. All’interno del fiordo si trovano lo Stenditoio e la Calcara, due edifici utilizzati per le produzioni locali. Lo Stenditoio era usato per asciugare i fogli di carta ricavati dalle fibre di stoffa. La Calcara invece era adibita alla lavorazione delle pietre per l’edilizia locale[4].

Secondo lo storico Camera, Furore deve la sua denominazione all’asperità del luogo che quando viene sferzato dalla tempesta il fragore che si crea incute spavento e timore[6].

Nell’antichità, questa terra comprendeva due sobborghi: Terra Furoris e Casanovae, cioè Casanova. Dal XVII secolo quest’ultimo non viene più citato negli atti pubblici[6].

Ai tempi della Repubblica Amalfitana Furore era casale extramenia di Amalfi. Nel Basso Medioevo si emancipa divenendo Università ed eleggendosi un proprio Sindaco. Per un breve periodo fu annesso alla vicina Praiano, e poi ritornò a essere comune indipendente[6]. Notizie di Furore si apprendono dal Catasto Carolino del 1752.

Nel 1532 la popolazione raggiungeva il numero di 140 abitanti, stimati in 28 fuochi. Nel 1752 salì a 779, per poi scendere nuovamente a 707 nel 1861[7].

Alcune località prendono i nomi dalle famiglie che vi abitarono, oltre alla citata Casanova vi sono anche Li Summonti che prende il nome dalla famiglia Summonte, Le Porpore dalla famiglia Porpora, Li Cuomi dalla famiglia Cuomo, Li Candidi dalla famiglia Candido, Vespoli, Galli, Teglia. I Cognomi più ricorrenti erano: di Florio, Cuomo, di Milo, Merolla, Penna, Ferrajolo, Porpora, Amendola, Amodio, Anastasio, Avitabile, Candido, Cavaliere, Cennamo, Criscuolo, di Rosa, Gentile, Giovine o Iovine, Lama, Lauritano, Manzo o Manco, Rispolo, Sovieno e Sparano[7].

Il borgo ha dato i natali a Pietro Summonte, accademico Pontaniano[6], autore della prima guida storico-artistica di Napoli. L’opera, scritta in forma di lettera era destinata al letterato e collezionista d’arte Marcantonio Michiel[8].

Attive erano un tempo l’industria della carta, quella della seta, del tornio e dei maccheroni. A queste si aggiungono la produzione dell’olio, l’agricoltura, la pastorizia, la pesca e l’arte di fare canapi[6]. In località lo Schiato, valletta che prende il nome dal torrente, vi erano una fabbrica di carta emporetica e un mulino[6].

Le chiese principali conservano delle urne funerarie romane in marmo, finemente scolpite e lavorate: due in S. Giacomo Apostolo, due in S. Michele Arcangelo e una in S. Elia Profeta[9].

Il Villaggio nel corso del secolo XVIII ha ospitato delle confraternite laicali, quella di S. Maria della Pietà[10][11], quella dell’Immacolata Concezione[12], e quella del Rosario[7], attive in S. Maria della Pietà; e il Monte dei Sette Dolori dedicato all’Addolorata[13] in S. Michele Arcangelo. E infine la confraternita di S. Maria Assunta in S. Giacomo, attiva alla fine secolo XIX[14].

La chiesa di S. Elia Profeta conserva anche un pregevole trittico, realizzato nel 1492 da Angelo Antonello da Capua, e raffigurante la Madonna col Bambino nello scomparto centrale, S. Bartolomeo Apostolo e S. Elia Profeta negli scomparti laterali[6]. L’opera è ascrivibile alla bottega del Maestro di San Severino. Ed un altro quadro risalente al 1620, raffigurante la Madonna del Carmine