Fino a qualche secolo fa, nel vicino ed intricato bosco di San Giorgio viveva ancora qualche branco di lupi. È ancora vivo nella popolazione anziana il ricordo di essi che di frequente azzannavano pecore e che perciò erano oggetto di caccia, secondo quanto afferma A. Lanza (“La casa sulla montagna” Domodossola 1941).
Per costringere i lupi ad uscire allo scoperto, i cacciatori, nel corso delle loro battute, solevano mandare avanti degli uomini muniti di grossi tamburi, i quali, percossi a ritmo continuo, disorientavano e spaventavano le prede.
Il modo di suonare questi tamburi si chiamava appunto “a tuccata di lupi”. Anche con la scomparsa di questi animali, sia a causa dell’assidua caccia, sia per gli incendi che distrussero progressivamente quel bosco, queste specie di suonata sussiste ancora. Viene solitamente suonata il giovedì successivo al Corpus Domini, ultimo giorno dell’Ottava che è festeggiato dai maestri di mestiere ed è chiamato appunto “U jiuovi di’ mastri” (il giovedì dei mastri di mestiere).
Infatti in quel giorno, mattina e mezzogiorno, una decina di giovani esperti nel suono del tamburo, girano per le vie principali del paese e, con una ben ritmata percussione, apportano fra gli abitanti una nota di gaia spensieratezza, che rompe il grigiore e la monotonia che ivi permanentemente regna. Così chi non si ricorda di questa “tammurinata”, quella mattina si sente dire che è appunto “a tuccata di lupi du jiovi di’ mastri”.