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CHIESA MADRE

Chiesa Madre SS. Pietro E Paolo, Petralia Soprana PA, Sicily, Italy - panoramio.jpg
Di trolvag, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=59156521

Il duomo dei Santi Apostoli Pietro e Paolo è il principale luogo di culto (madrice o matrice o chiesa madre) ubicato in piazza Duomo (Û Chianu â Chiesa) nel centro abitato di Petralia Soprana.

Nella b.ṭralîah[2][3] araba è documentato un luogo di culto entro la cinta muraria del borgo. Non trattandosi di edificio ricostruito su preesistente insediamento ma, di costruzione soggetta a progressive stratificazioni d’interventi, l’aggregato è probabilmente il tempio menzionato nel 985 da Al-Muqaddasi nella sua descrizione di Petralia Soprana. Il suo singolare orientamento potrebbe confermare una sua originaria funzione di moschea araba.

Decorazioni bizantino-arabe anteriori agli stilemi della bifora del campanile normanno collocano la costruzione di elementi del primitivo nucleo immediatamente prima della dominazione araba. In origine era molto più piccola, ad una sola navata e probabilmente a croce greca come i primitivi impianti degli altri luoghi di culto cittadini. La parte più antica è quella corrispondente all’attuale navata sinistra.

Tempio ubicato nel cuore medievale, quasi adiacente alla chiesa del Santissimo Salvatore, Cappella Palatina voluta da Ruggero I di Sicilia, equidistante dalle due fortezze cittadine dell’epoca: il vetusto castello a mezzogiorno e la moderna fortificazione extra portam a settentrione. Il primo maniero destinato in seguito ad ospitare i religiosi carmelitani per poi essere riedificato come chiesa di Santa Maria di Loreto, il secondo – conclusa la riconquista normanna – a subire progressivamente le onte degli eventi sismici e le offese degli agenti naturali.

Goffredo Malaterra, cronista di corte, nel 1066 documenta il primitivo sistema di fortificazioni cittadino, caposaldo destinato ad essere implementato nell’ottica della creazione di una piazzaforte militare, avamposto idoneo a garantire l’assedio e la conseguente liberazione della città di Palermo. Gli storici Filippo Cluverio e Tommaso Fazello concordano sull’impianto arabo-normanno del borgo ma, l’archeologo domenicano con le sue ricognizioni e gli studi approfonditi sulla Geografia di Tolomeo,[4] retrodata le origini della località e la fondazione del Castru, fissandone l’origine in epoca romana.

Semidistrutta da un disastroso incendio nel Trecento, la chiesa fu rimodulata per volere di Antonio Ventimiglia, salvo il campanile ad occidente.[1] I lavori di ripristino terminarono nel 1497, come si evince dall’iscrizione incisa sulla lapide ancora visibile sopra il portale dalla parte interna, di ridotte dimensioni fu riedificata con due sole navate.[1]

Trasformazioni, ampliamenti e perfezionamenti seguirono all’inizio del 700, quando fu ingrandita con l’aggiunta di una terza navata, l’interno impreziosito con decorazioni in stucco di gusto barocco opera dei Serpotta,[1] ingentilita da un portico esterno con colonne binate, e un secondo campanile eretto ad oriente.[1]

È ipotizzabile che lo spazio oggi occupato dalla navata destra fosse occupato da un porticato o un chiostro, come denota il ritrovamento di elementi di pilastri decorati con fiori, inglobati nell’attuale parete destra. La zona prospiciente la teoria di colonne binate (16 colonne, 7 luci a sud e una rivolta ad est, l’arcata centrale sensibilmente più larga), era destinata a zona cimiteriale, area oggi denominata «Û chianu â chiesa». Il portale di stile gotico del Quattrocento al centro del fianco meridionale sotto il portico, fu rimodulato in seguito allo spostamento determinato per consentire e garantire l’ingrandimento del tempio.

Le due statue di San Pietro e San Paolo, inserite negli archi della bifora normanna, sono state collocate solo nel 1912, provenienti da una diversa originaria sistemazione assieme al San Giovanni Battista presente accanto al fonte battesimale. In questo stesso periodo, il portico è stato oggetto di un completo rifacimento ed è stata realizzata la scalinata di raccordo tra il piano di calpestio e i vari livelli esistenti fino al piano stradale.

Intorno agli anni ’60 è stato completato il campanile settecentesco,[1] rimasto monco dotando il secondo ridotto ordine di balaustra, nel 1998 nella cella campanaria è installata una campana di 18 quintali denominata Campana dell’Unione. Sui prospetti sono stati eliminati sovrastrutture, superfetazioni, grondaie, vasi ornamentali acroteriali sul cornicione del portico e i lampioni.