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NECROPOLI RUPESTRI

Necropoli Pantalica, architettura funeraria rupestre - Necropolis Pantalica, funerary architecture rock - panoramio.jpg
Di Salvo Cannizzaro, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=45838902

Pantalica, o meglio le necropoli rupestri di Pantalica, sono una località naturalistico-archeologica della provincia di Siracusa. Il nome del sito sembra derivare dall’arabo Buntarigah, che significa ‘grotte’, per l’ovvia presenza di molteplici grotte naturali e artificiali.[1]

Costituisce uno dei più importanti luoghi protostorici siciliani, utile per comprendere il momento di passaggio dall’età del bronzo all’età del ferro nell’isola. Viene poeticamente, ma non scientificamente, identificata con l’antica Hybla, un regno siculo che dal XIII all’VIII sec a.C. si estendeva dalla valle dell’Anapo a Siracusa.[2]

Nel 2005 il sito è stato insignito, insieme con la città di Siracusa, del titolo di Patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO per l’alto profilo storico, archeologico, speleologico e paesaggistico.

La località di Pantalica ha dato il nome a un celebre racconto di Vincenzo Consolo, Le pietre di Pantalica[3], in cui l’altopiano diventa una metafora del cammino dell’uomo.

Nella prima metà del XIII secolo a.C., tutti gli insediamenti costieri scomparvero quasi all’improvviso per l’arrivo in Sicilia dei Siculi e di altre popolazioni italiche o per altre cause a noi sconosciute; la popolazione indigena quindi abbandonò la fascia costiera e cercò rifugio in impervie e disagevoli zone montane, scelte perché rispondenti ad esigenze di difesa, riunendosi in grossi agglomerati. Questi popoli erano legati culturalmente a Thapsos il centro più importante della zona costiera (evidenziato dallo stile dei manufatti), che aveva anche dei contatti con i commercianti provenienti da Micene.

Verso il 1050 a.C. Pantalica perde improvvisamente importanza, la sua popolazione si sposta nella Necropoli di Cassibile e nei dintorni dove fiorisce la facies Pantalica II. Ma è uno spostamento temporaneo perché nella prima metà del IX secolo a.C. il sito originario torna ad essere importante. Tuttavia in questa fase intermedia, a causa dell’avvicinamento alla costa, si evidenzia un influsso fenicio nello stile e di conseguenza anche nello scambio commerciale.

Verso l’850 a.C. per una ragione non chiara (i greci non erano ancora giunti a fondare le colonie siciliane) le popolazioni sicule di Pantalica si spostarono dalla costa all’entroterra riappropriandosi dei luoghi più impervi. I siti come Pantalica si moltiplicano anche nella zona sud-orientale della Sicilia mantenendosi in zone interne, fino all’arrivo dei greci che segna una serie di contatti e futuri scontri per il controllo del territorio.

La successiva nascita ed espansione di Siracusa determinò la distruzione della nuova città che Hyblon concesse ai megaresi e probabilmente i Siracusani distrussero anche il regno di Pantalica, essendosi il dominio della polis espanso sino all’entroterra, con la fondazione di Akrai nel 664 a.C. Di questa cultura restano le vestigia del palazzo del Principe o Anaktoron, nonché una vasta necropoli di ben 5000 tombe a grotticella artificiale, scavate nella roccia[6].

L’area della necropoli non sarà mai del tutto abitata in epoca greca; dovremo attendere i primi secoli del Medioevo[7] cioè nel VI secolo d.C., quando le incursioni dei barbari, dei pirati e poi degli arabi poi nel IX secolo, costringeranno le popolazioni a cercare rifugi sicuri in questi luoghi inaccessibili; si hanno così le testimonianze di epoca bizantina. Ancora oggi sono visibili i resti delle abitazioni scavate nella roccia in epoca bizantina ed i resti dei piccoli oratori rupestri della grotta del Crocifisso[8], di San Nicolicchio[9] e di San Micidiario[10].
Anche dopo l’occupazione araba e l’arrivo dei Normanni il sito era abitato, lo conferma il cronista Goffredo Malaterra che nel 1092 parla di una comunità araba nel sito di Pantargia, mentre dell’anno successivo è la bolla del papa Urbano II che oltre a citare la diocesi di Siracusa considera anche Pentargia.[11]

Il primo studioso ad occuparsi sistematicamente del sito fu l’archeologo Paolo Orsi che nel 1899, nel 1895 e nel 1897 compì ampie campagne di scavo per l’esplorazione del sito.[4]. Il risultato delle sue ricerche fu pubblicato nei Monumenti antichi dei Lincei del 1898.[12]

«Tutto fu vinto dalla mia costanza, e dalla generosità dei nobili signori fratelli Nava di Siracusa, proprietari, il cui nome ricordo qui a titolo di onore e riconoscenza; una prima campagna, della durata di un mese, ebbe luogo nella primavera del 1895, seguita due anni appresso (giugno 1897) da una seconda più breve. Le balze di Pantalica vennero allora da me e dalle mie squadre percorsi in ogni senso e pazientemente esplorate; né una volta sola io i miei bravi operai rischiammo la vita per raggiungere sepolcri che parevano inaccessibili.»
(Paolo Orsi[13])

Negli anni 50 del ‘900 fu Luigi Bernabò Brea a proseguire le campagne di scavo.