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CHIESA DI SAN ROCCO

Chiesa di san rocco a piazza armerina.jpg
Di Maxkool1980 – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=42202855

La chiesa di San Rocco o Fundrò (o anche detta Condrò)[1] e l’attiguo monastero appartennero ai Benedettini dal 1622. I monaci originariamente occupavano un monastero con annessa chiesa in contrada Fundrò (da qui il nome con cui la chiesa viene comunemente denominata), al confine fra i territori di Piazza e di Enna.

Il feudo e l’abbazia erano proprietà della famiglia degli Uberti e quando Giovanni degli Uberti[1] si ribellò a re Martino, al tempo dei Quattro Vicari, la signoria venne concessa, il 6 dicembre del 1393, a Nicolò Branciforte[2]. Nel 1396, in seguito alla lotta fra le fazioni catalana e latina[3], i borghi di Fundrò, Rossomanno, Polino e Gatta furono distrutti e gli abitanti obbligati a trasferirsi a Piazza e Castrogiovanni[4][5]. I degli Uberti riuscirono a riacquisire la signoria sul feudo di Fundrò solo il 30 marzo 1397 grazie a Scaloro[2]. La chiesa venne riedificata con le elargizioni dei cittadini di Piazza, ma già nel 1418 le condizioni statiche della fabbrica erano precarie. Il nuovo priore, Guglielmo Crescimanno, piazzese, la fece riedificare e fra le rovine dell’edificio precedente fu rinvenuta una statua della Madonna[6]. Nel frattempo, la città di Enna aveva occupato il feudo impedendo ai legittimi proprietari di rientrarne in possesso[2].

Nel 1421 Alfonso il Magnanimo ordinò che il feudo di Fundrò fosse restituito alla città di Piazza[2]. La città di Enna temporeggiò e nell’anno 1445 vendette diversi feudi, fra cui Fundrò, ad alcuni nobili, riservandosi il diritto di riscatto[2][7]. La città di Piazza fece appello al viceré, che nel 1453 diede l’investitura di metà Fundrò (ovvero dei feudi venduti) ad Enna e restituì i feudi rimanenti, la parte più cospicua, a Piazza. Nel frattempo la città di Piazza riparava la chiesa di Santa Maria in Fundrò e costruiva il monastero dei Benedettini. Nel 1560 un devastante incendio rese inagibile il complesso ed i monaci si rifugiarono a Piazza dove, riuscirono a reperire i fondi per ricostruirlo[2].

Il feudo di Fundrò, ormai senza abitanti ad esclusione dei monaci, divenne una sede scomoda per i religiosi che si accordarono con i giurati di Enna, che gli avevano promesso la chiesa di Santa Sofia e dei locali annessi. L’abate, fra’ Germano da Capua, ottenne dal vescovo di Catania, nel 1612, il permesso al trasferimento. I cittadini di Piazza vissero l’accaduto come un mancato riconoscimento della loro devozione e delle donazioni fatte a quel monastero e fecero appello al Tribunale di Monarchia, tanto che l’abate rinunciò al trasferimento[2]. Per risolvere la situazione intervenne l’abate Angelo da Fondi che ottenne, grazie anche all’appoggio dei nobili Don Ottavio Trigona, barone di San Cono, di don Girolamo Calascibetta e del municipio di Piazza, il trasferimento nella città di Piazza dei monaci, con decreto emesso a Parma il 1º dicembre 1621[8]. Vennero concessi ai monaci la chiesa di San Rocco, del 1613, mentre una nobile, Virginia Tirdera, donò l’abitazione adiacente alla chiesa[9]. Enna protestò ed intervenne la Congregazione Cassinese che, dopo aver vagliato attentamente le due situazioni, scelse Piazza. Enna fece ricorso al viceré Filiberto di Savoia, che nel 1622 decretò che i monaci si trasferissero a Piazza e qui entrarono il 2 febbraio 1622[9]. Alcuni nobili si obbligarono, con un contratto che reca la data del 15 aprile 1622, ad edificare una chiesa degna dell’ordine ed a rendere l’abitazione un adeguato monastero[1].

Nel 1866, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi, i monaci vennero espulsi ed i locali dell’abbazia divennero sede del Comune di Piazza Armerina.