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CASTELLO MANIACE

Di Allie_Caulfield – https://www.flickr.com/, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=26729300

Il castello Maniace è uno dei più importanti monumenti del periodo svevo a Siracusa e uno tra i più noti castelli federiciani[1].

Nel sito in cui sorge il castello dovettero quasi certamente esistere delle fortificazioni sin dai tempi dei Greci in quanto è strategicamente importante per la difesa del Porto Grande[2]. È pertanto credibile la tesi che nel 1038 il comandante bizantino Giorgio Maniace, da cui il castello prende nome, abbia promosso la restaurazione o la costruzione di opere a difesa del porto di Ortigia nel corso della sua campagna militare[3]. Qualche anno dopo gli arabi si impadronirono nuovamente di Siracusa e del maniero che tennero fino al 1087 quando furono sconfitti e cacciati dai Normanni. Non ci sono tuttavia tracce evidenti di tale costruzione precedente[2].

L’impianto originario del castello Maniace è dovuto all’imperatore Federico II di Svevia, che ne affidò la realizzazione all’architetto Riccardo da Lentini tra il 1232 e il 1239[4], poco tempo dopo il ritorno dalla Crociata in Terra Santa. La costruzione avvenne nello stesso lasso di tempo in cui sorsero alcuni altri castelli “federiciani” di Sicilia e dell’Italia meridionale[2]. La somiglianza architettonica ne è l’evidenza[5]. Passato agli angioini nel 1266 venne assaltato ed espugnato dalla popolazione siracusana in rivolta l’11 aprile del 1282. Nel 1302 Federico d’Aragona vi siglò l’armistizio con gli angioini.

Nel 1321 ospitò la seduta del Parlamento siciliano convocato per sancire l’eredità del figlio di Federico III di SiciliaPietro II di Sicilia. Nel 1325 Pietro II di Sicilia fece riattare i fossati e costruire due forti a supporto del castello.

Con gli aragonesi Siracusa divenne sede della Camera Reginale, un istituto che poneva la città a dote della regina, dal 1305 al 1536; il castello ospitò successivamente le regine, Costanza nel 1362Maria di Sicilia nel 1399Bianca d’Evreux nel 1416 e, infine, anche l’ultima che ebbe in dominio la città, Germana de Foix, seconda moglie di Ferdinando il Cattolico. A causa di ciò Castel Maniace fu tuttavia teatro delle numerose contese tra i baroni siracusani, che non accettavano l’istituto di Camera Reginale, e il potere centrale. Nel 1448 Alfonso il Magnanimo per porre fine ai tumulti dei baroni inviò a Siracusa il capitano generale Giovanni Ventimiglia, conte di Geraci, con pieni poteri; questi, invitati a banchetto venti di quelli ritenuti i maggiori responsabili dei torbidi, una volta entrati li fece decapitare. Nell’occasione, i due arieti bronzei che ai lati del grande portale impreziosivano la facciata del castello,[2](attribuiti al Maniace secondo quanto riferisce Tommaso Fazello) vennero ceduti in premio dal viceré Lopes Ximenes de Urrea al Ventimiglia il quale li portò seco a Castelbuono. Alla sua morte il figlio Antonio li pose ad ornamento della tomba del padre[7].

Dopo il castello decadde da residenza reginale a costruzione militare e per quasi tutto il XV secolo il castello venne adibito a prigione. Negli anni successivi al 1535 il viceré Ferdinando Gonzaga, per porre rimedio alla piaga delle frequenti incursioni piratesche saracene nelle città costiere della Sicilia orientale fece approntare un piano di rafforzamento delle difese costiere; l’incarico venne dato al famoso ingegnere militare Ferramolino da Bergamo che avviò la costruzione di nuove fortificazioni e il restauro o il potenziamento di quelle esistenti. Tra queste vi fu il rafforzamento contro l’impiego di artiglierie del castello Maniace; a scopo di costruzione venne impiegate le pietre prelevate dagli antichi monumenti[8]. Nel 1540 vi prese alloggio l’ammiraglio Andrea Doria durante la spedizione organizzata da Carlo V contro i musulmani.

Alla fine del XVI secolo, il castello Maniace era divenuto il punto nodale della cinta muraria di Ortigia ma, il 5 novembre 1704, l’edificio venne squassato da una violenta esplosione della polveriera che proiettò i pezzi di otto delle volte a crociera e di blocchi di pietra nel raggio di alcuni chilometri. Negli anni successivi venne operato un rimaneggiamento che, lasciando così com’erano le parti rovinate dall’esplosione e demolendo sei delle otto volte danneggiate ne dispose l’ampliamento del cortile e la realizzazione di magazzini[9].

Nel periodo borbonico il castello riacquistò le sue funzioni militari e venne munito di bocche da fuoco. Nel 1838 in seguito ai moti che si stavano scatenando in tutto il regno borbonico venne dotato di una costruzione di difesa. Anche dopo l’unificazione d’Italia rimase una struttura militare e tale rimase fino alla seconda guerra mondiale.