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TRAMONTI

Tramonti – Veduta
Di Maria Rosaria Sannino – received by e-mail, CC BY-SA 2.5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1886141

Tredici borghi con altrettante parrocchie, sparsi sopra ineguali piani, costituiscono il territorio di Tramonti; il luogo prende il nome dalla sua configurazione morfologica, “intra montes ubertas”, ovvero terra tra i monti.

Le origini della cittadina non sono certe. Secondo quanto afferma lo storico Camera “l’istoria è muta intorno ai primi abitatori di Tramonti, anche se non senza fondamento si può attribuire l’origine di questo borgo agli espulsi e dispersi Picentini, i quali, rimasti combattuti e fugati dai romani, furono costretti a cercare ricovero nelle vicine borgate”;[5] della stessa idea è anche lo storico Cerasuoli, il quale afferma che Tramonti abbia avuto origine dall’unione di Picentini, Etruschi ed altri popoli. Gli aborigeni abitanti di Tramonti, ovvero, i picentini dispersi e combattuti dai Romani sotto il consolato di Gaio Fabio Pittore nel 268 a.C., che si rifugiarono sul monte Albino, furono uniti a consorzio dai Romani, fondatori di Scala e Amalfi, edificando, per motivi di sicurezza, sul lato occidentale il villaggio di Cesarano che prese il nome dal primo abitante “Cesare”, la cui fondazione si fa risalire al IVV secolo a.C. Questo borgo fu per molto tempo propugnacolo principale di Tramonti, e dovette sostenere la guerra contro i principi Durazzeschi ed Aragonesi di Napoli. La popolazione andò man mano crescendo, si sparse per il medesimo luogo il quale venne diviso in villaggi. I villaggi nati in seguito all’aumento demografico furono:

  • PATERNUM (PATERNO) che prese il nome del primo abitante “Patritio”.
  • PUBLICAM (POLVICA) che prese il nome del primo abitante “Populeo”.
  • LE PRETE (PIETRE) chiamato così per via della natura rocciosa del territorio. [6]

Lo stemma di Tramonti è allusivo: tre monti sormontati da luna crescente.

In antiche scritture medioevali sono state trovate notizie riguardo all’esistenza di altri borghi (che prendevano il nome dalle famiglie più importanti del luogo), oltre ai tredici che costituiscono l’attuale territorio.

Tramonti, come gli altri paesi della costiera, non può essere considerato separatamente dalla città di Amalfi e del suo antico ducato, infatti quest’ultima arrivò all’apice della sua grandezza attraverso un lungo travaglio di prove, di lotte, di vittorie, cui contribuirono anche le varie forze limitrofe. Anche Tramonti ha avuto una parte importante nel sorgere della repubblica amalfitana, per cui la troveremo coinvolta con le popolazioni rivierasche nella difesa della città di Amalfi contro il longobardo Arechi II, contro l’ambizioso Sicardo di Benevento, fino a quando Amalfi liberandosi dal dominio del duca di Napoli, il 1º dicembre 839, e con la proclamazione della repubblica, cominciò quella gloriosa ascesa che la portò ad essere una grande potenza marinara per più di tre secoli. Tramonti ha usufruito dei traffici della Repubblica Amalfitana, accrescendo così il proprio sviluppo commerciale ed artistico; non sarebbe altrimenti possibile spiegare il gran numero di chiese ivi esistenti, di monumenti antichi, la presenza di tante famiglie nobili ed il numero straordinario di uomini illustri. Fu in questo periodo che fu edificato il castello di Montalto. Secondo un’antica tradizione il nome della Tramontana deriverebbe proprio da Tramonti per via della sua posizione a nord di Maiori: il nome si sarebbe diffuso con le bussole che gli amalfitani usarono per primi in occidente. [7]

Nel 1127 il castello di Montalto fu lo scenario di un’aspra battaglia fra gli amalfitani e i Normanni, il castello difeso dai tramontani riuscì a respingere un primo assedio, ma gli invasori ne tentarono con successo un secondo. Con la presa del castello, il Ducato ripose le sue ultime speranze di sopravvivenza e con il conseguente dominio normanno, cominciò il periodo oscuro di Amalfi ed anche la grandezza e l’importanza di Tramonti andò diminuendo. I Normanni costruirono a Cesarano un baluardo, dove sorge oggi la chiesa parrocchiale dedicata all’Assunta.

Nel 1197 il Ducato di Amalfi passò agli Svevi. Federico II di Svevia concesse privilegio di demanio a Tramonti. Manfredi di Svevia, nel 1260, infeudò Tramonti al famoso Giovanni da Procida, preparatore dei vespri siciliani; intitolandosi « magnus civis Salerni, dominus insulae Procidae, Tramonti, Graniani et baroniae Postilionis, ac domini regis (Manfridi) socié et familiaris ». In quei tempi, Tramonti, veniva annoverata per 117 fuochi, e corrispondeva al regio Fisco Svevo di once 29 e tarì 7 1/2 .

Nel 1266 Tramonti passó agli Angioini e nel 1283 venne infeudata al francese Giovanni di Avignone da Carlo I d’Angiò, per un valore annuo di 200 once. Nello stesso anno insediò nel castello di Montalto Ponzio di Avignone, parente di Giovanni; il castello, oltre al castellano, all’epoca aveva una guarnigione di 16 soldati. Carlo II d’Angiò, nel 1290, donò Tramonti al valoroso milite francese Guglielmo Stendardo (de l’Étendard), Maresciallo e Gran Connestabile del regno di Napoli. Questo signore di Tramonti (qualificato con titolo di dominus), qualche tempo dopo si assentò dal regno, senza permesso del sovrano « contra mandatum Nostrum », e per tale trasgressione gli furono sequestrati il castello e la terra di Tramonti, che poi al suo ritorno riuscì a riottenere. Vicino alla morte, Guglielmo fece testamento e legò la signoria di Tramonti al suo figlio primogenito Tommaso, capitan generale nelle Calabrie, che successe al padre nel possedimento di Tramonti, stimata per un valore annuo di 113 once e 10 tarì. Pochi anni dopo, entrò in lotta con le famiglie borghesi dei Ruoppoli e degli Sclavi, vassalli della chiesa amalfitana, sopra le quali Tommaso pretendeva di dover riscuoterne i diritti.

Una volta morto Tommaso Stendardo gli successe suo figlio Filippo, barone di Montalbano. Ma i Tramontani, non sopportando più la situazione di vassallaggio in cui versavano, per mezzo dei loro rappresentanti Atenulfo Fontanella e Riccardo de Angelis, supplicarono re Roberto d’Angiò di poter riottenere il privilegio di demanio. Il Re, nel 1329, decise di donare Tramonti a sua moglie Sancha d’Aragona. Successivamente Tramonti ritornò regio Demanio. Nel 1349 la pronipote del re, Giovanna I d’Angiò donò Tramonti a Nicolò Acciaiuoli di Firenze. Durante il XV secolo Tramonti fu posseduta dai Colonnesi, dagli Orsini e dai Piccolomini.

Durante le guerre tra il duca d’Angiò e gli Aragonesi che ebbero luogo nel regno, Tramonti si schierò dalla parte degli Angioini, subì assedi e sciagure, solo la frazione di Cesarano poté sostenere le incursioni dei nemici, che nel 1422 fu presa dal nobile ribelle Francesco Mormile di Napoli.

Nel 1442 Tramonti passò agli Aragonesi. Dopo la morte di Alfonso I di Napoli, Eleonora d’Aragona mosse contro Ferdinando I di Napoli le città di Tramonti, Agerola, Scala e Ravello. A Tramonti le milizie di Ferdinando non ebbero vita facile, infatti risultò difficoltosa l’espugnazione del borgo di Cesarano; una volta capitolata questa fortezza, i villaggi (le odierne frazioni) di Tramonti che diedero fedeltà a Ferdinando durante l’incursione, furono premiati da lui stesso, mentre per Cesarano non vi fu né misericordia né pietà. Dopo la disfatta della Battaglia di Sarno, i tramontani si armarono per proteggere Re Ferrante e lo condussero nelle loro case, il re soggiornò al sicuro dal nemico per molti giorni, i tramontani lo accompagnarono fino a Napoli e per ringraziarli di tale amore nei suoi confronti, il re li dichiarò uomini nobili e il sindaco avrebbe avuto la prima voce nell’elezione dell’Eletto del Popolo nei Sedili di Napoli. Nel 1461 Ferdinando diede in sposa sua figlia Maria ad Antonio Piccolomini di Siena a cui diede in feudo Tramonti, facendola ritornare al vassallaggio.[8]

Tramonti fu colpita da una prima epidemia di peste nel solo casale di Gete, nel 1528, dove morirono centinaia di persone. Ben più violenta fu l’ondata del 1656, la popolazione diminuì di un terzo, tutti i 13 parroci morirono e con loro anche l’arciprete don Gaspare Luciani.[9] Le conseguenza dell’epidemia si riversarono inevitabilmente sulla popolazione, infatti, se nel 1648 la popolazione veniva tassata per 1072 fuochi (circa 5300 abitanti), nel 1669 tale numero era sceso a 445 (circa 2200 abitanti) e nel 1737 per soli 376 fuochi (circa 1900 abitanti), numeri assai esigui se si guarda quello del 1561: 1158 fuochi (circa 6000 abitanti).[10]